Bene della Chiesa vs. gioco di potere, l’eredità del conclave (ancor prima del papa)

Il conclave, a suo modo, è un mistero che dovrebbe interrogare tutti. Invece i media enfatizzano solo le dinamiche umane, riducendo tutto a potere

bookmakers di tutto il mondo sono al lavoro e dopo il FantaSanremo arriva il FantaPapa. Non mi affascina la polemica sul fatto che in Italia alla vigilia del conclave siamo tutti vaticanisti, anche io dopotutto ho la mia idea su chi dovrebbe essere il nuovo successore di Pietro. Per chi crede, c’è lo Spirito Santo, per chi non crede, c’è lo Spirito Santo, e non si offende certo dell’umano scetticismo.

Nel 1997 l’allora cardinale Ratzinger, rispondendo ad un intervistatore che gli chiedeva se lo Spirito Santo fosse realmente responsabile dell’elezione del Papa, rispose: “Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. (…) non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. (…) Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto” (Intervista alla televisione bavarese che risale al 1997, citata dal National Catholic Reporter del 14 aprile 2005).

Mutatis verbis: dormite sonni tranquilli, Dio continua a scrivere dritto tra le righe storte. Non mi interessa, del resto, più di tanto nemmeno dare giudizi sul pontificato appena concluso: non ho le competenze, è troppo complesso il contesto in cui si è svolto e nel quale siamo immersi, sono troppo poco nitide alcune cose che forse avrebbero avuto bisogno di maggiore chiarezza e approfondimento, ma soprattutto è ancora troppo presto per tentare delle sintesi che spettano solo alla Storia.

Invece in queste ore va in scena di tutto, a reti unificate; una danza caotica attorno al falò delle mille vanità, personali e collettive. E allora il cruccio, e questo sì è ciò che mi interessa, risiede nel fatto che nel riempirci la testa, non dico il cervello, figuriamoci il cuore, di tanta sciatteria e approssimazione, si possa perdere di vista quello che ancora una volta la storia ci metterà davanti agli occhi: i rappresentanti della più antica e più grande “organizzazione” mondiale provenienti da ogni angolo della terra si riuniranno per eleggere la nuova guida per un miliardo e 400mila fedeli e un’autorità a cui guardare con fiducia per tutti gli altri, così come è stato per gli ultimi tre pontefici, parlo almeno di quelli che ho visto io.

Pare poco? No, se al termine di ogni Conclave, all’interno del quale emergono, come è inevitabile, divergenze di visione e di impostazione su aspetti cruciali non solo di fede, ma antropologici tout court, non nascono secessioni, non si originano partitucoli indipendentisti come invece siamo abituati a vedere in altre sedi, prima e dopo ogni elezione.

La qual cosa dovrebbe far sorgere almeno una domanda, stupita o stizzita che sia: perché le forze centrifughe, sempre presenti anche tra gli uomini di Chiesa – proprio in quanto uomini – non hanno la meglio?

Un giorno un anziano prelato che di affari vaticani una certa esperienza ce l’aveva, alla mia domanda su come fosse stato possibile lavorare in certi ambienti, su temi tanto delicati, con visioni talvolta molto diverse tra loro senza che la Chiesa ne fosse totalmente disgregata, mi confidò: perché quello che prevale alla fine è il bene della Chiesa e la cosa che dispiace è che da fuori si pensi invece solo ad un gioco di potere. C’è un bene ultimo da salvaguardare; ci sono un orizzonte e una prospettiva che superano le contingenze; e c’è una forza misteriosa che muove le umane cose conducendo al largo la nave di Pietro, che in certi momenti sembra più una barca, in altri una zattera.

Qualcuno potrebbe dire che qui il discorso scade nel fideismo, nello spiritualismo, nel fatalismo, mentre bisognerebbe essere concreti, pane al pane e vino al vino, per rimanere in tema. Invece stiamo trattando del quid unico che permette a quella scialuppa di compiere la traversata sull’oceano del tempo da duemila anni con ogni condizione meteo.

Si parva licet, è un quid che comprendono più o meno implicitamente anche i padri e le madri di famiglia, i professori, gli imprenditori e chiunque viva in maniera seria una responsabilità verso altri nei confronti di un bene ereditato che è chiamato a tramandare: la grazia di un continuo essere rialzati nonostante l’inciampo del proprio limite.

Il che viene a significare che occorrerà tenere gli occhi bene aperti su ciò che è veramente essenziale nella fase a cui stiamo assistendo, perché quel quid ha anche la forza di un richiamo politico in vista di una giusta convivenza sociale, imponendosi come segno per tutti gli uomini di buona volontà, secondo la vecchia formula della Messa. Forse proprio per questo nella Chiesa non si è ancora giunti ad uno scisma, con grande scorno di alcuni osservatori esterni e, talvolta, anche di certi fedeli distratti.

Lettera pubblicata su IlSussidiario.net, 3 maggio 2025

Potrebbe interessarti anche...

Lascia un commento