Il dì del ritorno del padre

“Se ai mortali fosse possibile scegliere tutto da sé, sceglierebbero il dì del ritorno del padre” (Omero, Odissea, XVI).

Oggi, domenica 21 aprile 2019, è il dì del ritorno.

Vado a rileggere incuriosito questo passaggio dell’Odissea ritrovato casualmente in un negozio di moda, scritto a decoro di articoli in vendita.

Mi sorprende il fatto che il ritorno del padre, così profondamente desiderato, non sia mai immediatamente riconoscibile: Ulisse torna, ma, preservato da altre sembianze per opera degli dei, non viene riconosciuto da Telemaco. Qualcosa di analogo succede a due amici in cammino tra due villaggi: qualcuno che piangevano perché era morto si fa loro incontro e cenano insieme; eppure fino alla fine della cena non lo riconoscono.

Diranno tra loro, dopo che l’amico se ne è andato: come è stato possibile non capire che era lui? C’è voluto che quello facesse un segno che portava dentro un significato perché quel ritorno si svelasse.

Forse, il nostro attaccamento alle forme prevale sul significato delle cose facendo vincere il dato superficiale e consueto. Eppure il padre torna.

Il padre torna per una promessa fatta al nostro cuore. Canta Glen Hansard nella sua Winning streak “Non è per la gloria, dico la verità, che faccio queste cose che faccio per te, ma per una promessa che ho fatto e che ora devo difendere”. Il nostro cuore è fatto di una promessa, di un anelito inappagabile all’infinito, e la presenza del padre è presenza del significato incarnato in un segno, la possibilità cioè di sperare di non finire aspirati dal nulla.

D’altronde, che siamo fatti per il ritorno, per la non-fine delle cose – i cristiani la chiamano Resurrezione – lo abbiamo visto andare in scena lunedì scorso nei fatti di Notre-Dame di Parigi: la cattedrale era ancora divorata dalle fiamme, e tutti pensavamo a come farla tornare in vita, perché senza Notre-Dame ci sentiremmo un po’ orfani. Ma si è orfani se rimaniamo senza un significato, non se mancano pietre finemente composte; perché i segni, le forme sono destinati a mutare, come mutò Ulisse il suo aspetto in quello di un mendicante e come Cristo scelse di farsi rivedere la prima volta vestito da giardiniere. Si è orfani se il padre non torna.

Occorre riscoprire innanzitutto se oggi il padre sia nuovamente tornato portando con sè il significato di quelle pietre, della nostra grandezza e del nostro nulla.

A tutti noi buon dì del ritorno del padre.

Alessandro Vergni

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